10 luglio 2008

U FRUMMENTU (MIETITURA E TREBBIATURA) CANTO DELL'AIA


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Per la delizia di chi ama il genere "ciclo del grano", ho trovato otto video che trattano questo tema.
I primi sette video illustrano il "palio del grano" che si svolge ogni anno a Caselle in Pittari, un paesino del Cilento, in Campania provincia di Salerno, ed è impressionante come molte fasi di lavoro corrispondono a quelle che si effettuavano anche da noi fino agli anni 60.
Anche il termine "pisatura" e "aria" sono gli stessi.
Sicuramente retaggio del Regno delle due Sicilie, che comprendeva anche la Campania.
O eredità dei Siculi provenienti dall'Italia meridionale.
Date le cose in comune, mi piacerebbe fare un gemellaggio (virtual-agricolo) tra noi e i Pittaresi.
E’ mia intenzione contattare il "posteggiatore" dei video, per uno scambio d'idee.
Uno dei miei (tanti) sogni, e' quello che anche a Sortino, un giorno, si possa svolgere qualche manifestazione simile (prima che gli ultimi protagonisti di quella epopea spariscono del tutto, coinvolgendo anche i ragazzi delle scuole), che tratti questo tema partendo dall'aratura con l'aratro a "scocca" per finire alla "pisatura" accompagnata dai canti dell'aia (che, a quanto sembra, i Pittaresi non hanno). E' un sogno, e ...ai sogni non si comanda.
L'ottavo video, infine, illustra la mietitura a Castro dei Volsci, nel Lazio in provincia di Frosinone.
questi i titoli degli otto video:
  1. nascita di un seme.
  2. raduno dei rioni
  3. giovani mietitori
  4. gara individuale
  5. prepararazione "aria"
  6. "pisatura
  7. riepilogo finale
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8. mietitura (Castro d.V.)
BUONA VISIONE


7 commenti:

Gianni Di Pasquale ha detto...

Sul tema di questo video, avrei mille cose da dire e da ricordare, ci sarà modo di dirle, in risposta agli eventuali commenti da parte dei visitatori e frequentatori del blog (abbiamo tutta l'estate per farlo).
Quel periodo di caldo e fatica, l'ho vissuto, ma non l'ho subìto, forse è per questo che lo ricordo con un certo "romanticismo".
Chi invece lo ha subito sulla propria pelle, sicuramente, lo ricorderà con meno poesia e più realismo.
Ma come per tutte le battaglie combattute, si ama ("dopo") raccontarle , così spero che qualche amico del blog che (una vita fa) ha impugnato la falce, i ditali di canna (cannetri?), u mantali, i manichetri e, cò capu ‘manu ha fatto girare la “giostra”, possa raccontarci la sua faticosa esperienza e, magari trascriverci qualche frammento di canzone che si cantava sulle aie sortinesi.

luisor ha detto...

Per mia fortuna nemmeno io ho subito questa esperienza. Ricordo che già a maggio cominciavano le prime preoccupazioni per paura che una pioggia rovinasse il raccolto, poi la mietitura, i covoni (come si chiamano a sciurtinu?), infine la trebbiatura. Ricordo. L'aia doveva essere situata nel punto più alto del podere perchè più ventilato, ed il vento era indispensabile per potere spagghiari (?).A volte si stava anche ore senza poter spagghiari perchè non c'era vento. Mio padre cantava delle canzoni che non ricordo più, una in particolare era uno stimolo a lavorare rivolto alle bestie che giravano in tondo. Ma poi c'era ...il mio ruolo. Avevo l'incarico di andare con un asino ad un vicino fiume con delle "quartare", riempirle, e tornare all'aia. Ma avevo un problema,ero piccolo, mi mancava la forza per caricarle sull'asino, allora chiamavo, lavorava proprio vicino al fiume, un amico di mio padre,u maritu da pinta, che mi aiutava. Quando tornavo all'aia erano grosse bevute per uomini e animali ed io mi sentivo orgogliosissimo. Infine , si portava i sacchi di grano in casa, ogni tanto se ne dava uno a " u mulinaru" che passava con un carretto e che poi ce lo riportava sotto forma di bianca farina pronta a trasformarsi in pane, pizzoli e 'mpanate.

Anonimo ha detto...

Bella Gianni bravo, mi sono "arrizzati i carni" sentendo questi canti malinconici che mi hanno riportato lontano nel tempo, quando da ragazzini andavamo gironzolando per le campagne in estate e un po' dappertutto si sentivano nelle varie "arie" queste canzoni a dire la verita' incomprensibili alle nostre orecchie, mi ricordo di una strofa che veniva cantata pressappoco cosi;" U frummentu a
mmia, e a pagghia a ttia"
Io si conosco un po' la falce di cui ne ho addirittura un bel ricordo su di un dito, ma per di piu' l'ho usata a volte e la uso ancora quando mi trovo Sortino per togliere dei rovi,ma di mietitura vera e proprio non ne ho vissuto, anzi in proposito mi raccontava da bambino mia madre che un'annata faceva a giugno talmente freddo che i mietitori di mattina cominciavano a mietere col cappotto indossato.. un tempo si vedevano pure delle trebbiatrici qua e la nelle nostre zone, anzi una notte d'estate sara' stato nel '72 -'73 mentre che tornavamo con degli amici con le vespe dalla festa del Patrono di Solarino ( un tempo visitavamo tutte le feste dei paesi circostanti, anzi Gianni se ti trovi per caso all'Ascensione a Sortino,vedi che a Floridia per quel giorno fanno la sagra dei crastuni e li puoi degustare in ogni bettola) allora io mi trovavo piu' avanti di tutti e ad un tratto mi si fulmina la lampadina del faro della vespa, ma continuai lo stesso a viaggiare anche se piano in attesa che arrivavavano gli altri, e poi il cielo era cosi' stellato che si vedeva lo stesso un po', ad un tratto pero' prima di arrivare alla "Madonnina" ho visto un ombra piu' scura del buio a cui andavo incontro, per istinto l'ho schivata e alla fine mi sono accorto che era una trebbiatrice....
Tempi passati comunque, oggi le campagne sono disertate vedi "a saraminzana, a prita, e cugni" e in tante altre zone che se ci vai ti senti davvero solo, ma chi vorrebbe oggi andare a mietere con la falce?
ciao

Gianni Di Pasquale ha detto...

Cari amici del blog, non penserete di cavarvela così, con due commenti, al tema “U frummentu” che con il primo (e sottolineo primo) video vi ho presentato?
Sarà perché ho la “fissazione” della cultura contadina, che per la nostra gente è stata un’epopea.
Ma il tema a me sembra come un pozzo senza fondo d’argomenti.
Dell’aratura, la semina, a zappuliata, a scirbata...ne parliamo un’altra volta.
Ecco cosa ricordo e cosa ho imparato “interrogando” molti ...reduci di questa che, possiamo definire la, guerra del grano dei tremila anni! (mi sto facendo prendere la mano....).
LA MIETITURA: nonostante il mietere comportasse una fatica immane, (o forse anche per questo) questa fase della coltivazione del grano era ammantata anche da una certa ritualità. Mi raccontano che, i mietitori assunti a giornata (in particolare nella piana di Catania), prima del sorgere del sole, dovevano trovarsi sul posto, vestiti, come sapete, di tutto punto e con la falce in mano.
Allo spuntare dei primi raggi di sole, tagliavano una piccola quantità di grano e, stringendola nel pugno, la innalzavano verso il cielo, in direzione del sole, recitando all’unisono una breve invocazione a Gesù, Giuseppe, Maria e tutti i santi. Da quel momento mietevano fino al tramonto.
Credo che la prima foto del video rappresenti i mietitori nel momento appena descritto.
Il altre zone dei monti Iblei, queste invocazioni si recitavano alla legatura della prima “legna”.
A questo punto ci sarebbe molto da dire sulle varie tecniche e accordi che prendevano tra loro i mietitori per svolgere il lavoro nel modo più razionale possibile e senza intralciarsi a vicenda, ma sarebbe troppo lungo, e lascio a qualche amico del blog che li conosce di parlarci di ...emmiti (pusati e maritati), ammusu, liammi, ‘ncina, legni ecc.
Vi voglio trascrivere, invece, alcune canzoni e sfottò che in quell’occasione venivano recitare per rendere il lavoro meno monotono e faticoso:
- ‘Diu quantu è iautu lu suli
pirchì nun lu faciti tramuntari!
L’amanti miu è misu a buccuni
macari la carina ci fa mali.

- Quannu a spiga pinnulia di latu
u patruni a talia cunsulatu.

- Jiau ‘ncapucura* malatetru
e iù mi sentu chiù malatu d’itru,
itru s’ammucca na vacca e nu vitetru
e iù m’ammuccu ‘mporcu commu a itru.
* capucura, sembra che fosse il capo o il primo della fila dei mietitori o il più bravo

Fine della ...prima puntata.
Larga la foglia.....

Anonimo ha detto...

......Stretta e'la via
dite la vostra, che io ho detto la mia.
Gianni pultroppo io in questo "capitolo" sulla mietitura, non posso raccontarti tanto.
Sento che a te ti manca un bel pezzo di storia di vita sortinese, sei andato via da questi "cozzi e terri spari, valati scogghi e vatrunati" ancora "immaturo" per approdare in "Padania", anche se io penso che non si e' mai maturi per lasciare le proprie 4 mura, anzi piu' si ha vissuto nei propri luoghi natii, e piu duro ne e' il distacco o l'addio, io ne so qualcosa e di sicuro tanti come me aspettando a Messina sulla piazzola il traghetto e vedendo poi i passeggeri appena arrivati allegri di essere di nuovo in patria, e guardandoli con un pizzico di invidia, e ci e' venuto poi un "ruppu" alla gola.....
Allora una volta trovandomi con un mio zio (morto gia' da alcuni anni) e pure lui emigrato in Australia a Melbourne dove ancora vive la mia zia con i miei 3 cugini, mio zio si chiamava Cesare Mandragona, e mia zia e' Antonietta Gurciullo, la figlia maggiore di "ran " Nzulo Gurciullo soprannominato "pagghiarossa"
ebbene con questo mio zio circa 20 o piu'anni fa' mi trovavo a ciummi "ranni" e allora lui additandomi su "costa pitroccula" che sarebbe il costone ripido che costeggia la linea ferroviaria prima di entrare alla seconda galleria, e mi dice, "ma niputi, primma sti' costi, i patruni ni li lassaunu libbiri pi putiricci fari u frummentu pi' l'annata" cioe' il padrone (che bravo) lasciava libero un pezzo di costa inproduttiva dove poi quei poveracci di "impiegati" cercavano di tirarci fuori un paio di granelli di grano cercando di recuperare a farina "pi l'annata"
larga e' la foglia...
Ciao ciao, Fulvio

Elena Chiattelli ha detto...

Vorrei ringraziarla per questo importante e prezioso contributo, perchè quando si parla di pane, di grano, si parla dell'uomo e della sua storia
Attualmente, con una cara amica autrice teatrale, stiamo proponendo un Laboratorio teatrale di panificazione e narrazione sul pane. Per bambini e loro genitori. È un'esperienza emozionante, in primo luogo per noi che veniamo risucchiate dalla storia, dalla mitologia, dalla tradizione , legate al pane.
Per questo vorrei chiederle dove posso trovare il testo
del canto ' u frummentu' . Mi piacerebbe riproporlo come testimonianza della complementarità del ciclo del grano col ciclo dell'uomo. Da sempre
Grazie ancora
Elena

Gianni Di Pasquale ha detto...

Carissima Elena Chiattelli,
Come avrà anche letto alla fine del video, la canzone “trasi trasi baio” è tratta dal CD allegato al libro “Antonino Uccello Etnomusicologo” nel quale trova il testo del canto.
Il libro lo può chiedere direttamente alla “Casa Museo Antonino Uccello” di Palazzolo (SR).
Se vuole risparmiare tempo, il testo lo può anche ricavare direttamente dal video “U frummentu” trascrivendo le parole in sovraimpressione, che ho riportato rispettando fedelmente quelle del testo originale.
Comunque, se avesse bisogno di ulteriore assistenza, sono sempre a sua disposizione.
Gianni dip.
P.S. Se è possibile, cara Elena, mi piacerebbe sapere da dove scrive e se le sue origini sono Sortinesi.