30 giugno 2009

TEMPU DI PISARI

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Ricevo dall'amico Zino Giaccotto (da Roma)
il seguente documento, che pubblico volentieri

CANTI SULL’ AIA
Chi di noi ha vissuto - anche se per poco – gli anni precedenti l’avvento della meccanizzazione agricola, non può non ricordare con un certo struggimento l’eco lamentosa e solitaria di un canto che si perdeva per la campagna assolata durante le interminabili ore della trebbiatura, nelle sue varie fasi: lu pisari, lu spagghiari… nell’estenuante attesa dei venti propizi.
Erano canti con i quali i contadini cercavano di farsi compagnia e nello stesso tempo spronavano gli animali coinvolti nel lavoro, en-trambi spietatamente “trafitti” (come si direbbe parafrasando
Quasimodo) “da un raggio di sole” e da una immane fatica.
Si propone qui una breve raccolta di questi ingenui testi così come consegnataci da una solerte quanto amorevole memoria, prima che un ingiusto oblio inghiotta per sempre anche questo scampolo di condizione umana attraverso cui è passato il faticoso cammino del nostro divenire.
Sono filastrocche, strambotti, stornellate (per lo più nella forma del distico endecasillabo) spesso a rima o assonanza baciata, e riguardano le condizioni di vita e di lavoro, le lodi per la donna vagheggiata, i dispetti per quella che si fa desiderare, apologhi con protagonisti gli animali con i quali si convive in sostanziale parità di condizioni… a modo suo una finestra su un mondo (purtroppo o per fortuna) scomparso.

Lu lèbburu ci dissi a lu cunigghiu:
“nun s’arricchisci, no, cu lu travagghiu!”

Leggiu lu peri! E nun t’abbannunari:
cu s’abbannuna di la pena mori.

Cavaddu ca curristi a Militeddu,
‘ntra cursa e cursa t’ammuccasti gn’addu.

Calitilla a lu tempu a lu tempu:
la pagghia è to’ e lu frumentu è miu.

Scecchi firranti e muli mureddi,
baj hanu a ‘ssiri li cavaddi.

Lu pau si ni preja di li pinni
e la fìmmina bedda di li minni.

Bedda davanti e bedda darreri,
bedda ‘nna lu stissu caminari.

La donna quann’è schetta è principissa:
lu mangiari e lu vìviri la ‘ngrassa.

Cu avi dinari assai sempri cunta,
cu avi a muggheri bedda sempri canta.

Cu si marita li biddizzi appizza,
e malidìci la morti ca la lassa.

‘O bon cavaddu nun ci manca a cura,
e a la fìmmina bedda la vintura.

Cu va a la guerra e nun veni firitu
chiddu si po’ chiamari bon surdatu.

Quantu paroli perdi cu va a caccia
dicennu a lu so’ cani: “cuccia, cuccia!”
(Zino Giaccotto)
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Grazie Zino per questa particolare ricerca (e non è la sola), che ci fa rivivere l'atmosfera struggente, come giustamente l’hai definita, di quei canti originali e quasi dimenticati.
Questo mi dà lo spunto per pubblicare un nuovo video (asemblando alcune parti di altri due miei video che ho già pubblicato - “4/5-SORTINO, VOCI E MEMORIE DELLA TRADIZIONE” e “U FRUMMENTU”, nulla si crea tutto si trasforma...) e che darà voce e suono ad alcuni dei versi da te indicati.
Prima però, ad integrazione dei tuoi, ne vorrei aggiungere alcuni che, più di vent'anni fa, mi ha "cuntatu" e "cantatu" un mio cognato pastore (che in gioventù era stato anche contadino), e che questo post, grazie a te, mi fornisce l'occsione giusta per farli conoscere:

DDiu quantu è jautu lu suli!
Pirchì nu lu faciti tramuntari!
Jaiu l’amanti miu misu a buccuni,
macari la carina ci fa mali.

Jaiu ‘ncapucura malatetru
e jù mi sentu chiù malato d’itru.
Itru s’ammucca na vacca e ‘nvitetru
E jù m’ammuccu ‘mporcu comm’aitru.

Abballa, abballa ballirinu!
Ca jù ti sonu cu chitarra e mandurlinu.

Lu chiantu di la povira cattiva,
piscia lu lettu e ci pari ca sura.
La matina si-ninni-và ‘nta la vicina,
cummari morta sugnu di la pena!
Lu maritetru voscio ma t’ampristari
Quantu mi passa nanticchia di pena!
Nunn’è cruscenti no, ca s’imptresta,
e mancu è farina ca si scerni e ‘mpasta!
Lu maritetru miu caru mi custa
Si s’allicca cu vui, cu mia nun ci s’accusta.

Giustizia! Giustizia! Signuri!
A mma-maritu l’aviti arristari!
Jiagghiu nu giardineddu di rosi e sciuri,
ci l’eva l’acqua e mi fa lu fa siccari!
Si itru nun mi lu voli cultivari,
di n’autru mu fazzu abbrivirari!
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Per finire in ...bellezza...
Questi sono i giorni (fine giugno) nei quali, a Sortino si svolgevano le operazioni di mietitura e pisatura.
Qui in Lombardia, alcuni campi sono coltivati a grano (sicuramente tenero) che non è stato ancora mietuto. Questa coltura, (lo noterete da una delle foto che pubblico) ha una caratteristica emblematica.
In questa terra, dove convivono due “culture”, quella locale e la nostra, meridionale. Anche in agricoltura si riscontra lo stesso fenomeno dove, accanto alla “coltura” locale del mais, convive tranquillamente quella meridionale del frumento.
Lascio alla vostra sensibilità, tutte le considerazioni agricolo-sociali che questo fenomeno può suggerire.
CAMPO DI GRANO IN LOMBARDIA (foto giannidip)
CONVIVENZA TRA FRUMENTO E MAIS (foto giannidip)
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MITUTU, PISATU E SPAGGHIATU (foto giannidip)
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24 giugno 2009

U SANGUVANNI

(Sortino Affreso sopra il fonte battesimale della Chiesa Madre -foto giannidip)

Oggi 24 giugno San Giovanni (auguri a tutti i Giovanni...).
A Sortino in questi giorni maturano (o maturavano) “i ficu sangiuvannari”, una gustosa primizia, che preannunciava future scorpacciate di succulenti fichi “ca cammicia strazzata”.
(foto giannidip)

Qualche generazione fa, sempre a Sortino, nel corso di questa giornata, alcuni si scambiavano “u sangiuvanni”.
Così, il Pitrè, in un suo libro sugli usi e costumi nei paesi siciliani, descrive la “cerimonia” che si svolgeva a Sortino:

- Come si contrae il comparatico in Sortino.
Usanza comune praticata in Sortino, è quella della mela.
Due donne, che vogliono mantenere stretta l’amicizia e renderla più salda col sangiovanni (comparato), prendono una mela, vi fanno la croce, recitano un credo, la dividono in due parti uguali e ciascuna mangia la sua metà, si baciano ed esclamano:

zoccu avemu

ni spartemu,

semu cummari

pi tuttu lu tempu.


Altre intrecciavano i mignoli delle rispettive destre, e dicevano:

cummari, cummaredda,

ca viniti a funtanedda,

pi cogghiri rosi e sciuri

pi parari lu Signuri. –

(Ricerca suggerita da Mario Pane)

19 giugno 2009

TURISTI A SORTINO - ALLA CHIESA DI S. SEBASTIANO, BENEDETTINE E S. FRANCESCO

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RICEVO DALL'AMICO FRANCO RAFFA, LA SEGUENTE DESCRIZIONE E LE FOTO, RELATIVE ALLA TERZA "GITA" DEL CENTRO ANZIANI DI SORTINO.
(Per ingrandire le foto cliccate sulle stesse)

Caro Gianni, come da impegno ecco il resoconto della terza giornata turistica del gruppo del centro anziani che hanno voluto scoprire i nostri monumenti.
L’idea di fondo è che possa servire da stimolo a fare riaffiorare ricordi sopiti dal tempo e dalla lontananza. Ricordi sebbene sopiti, ma sempre vivi, in coloro che vivono lontano da tanti anni e magari potrebbero non aver chiaro il ricordo di tante cose belle che sono e restano patrimonio di tutti i “Sciurtinisi”.
Questo ciclo di giri turistici, proposto dal comitato di gestione del Centro Anziani è stato supportato dal Sindaco Prof. Paolo De Luca che, tra il personale ha individuato e delegato me a fare da ‘cicerone’ ai ‘turisti indigeni’.nella ri-scoperta dei tesori e capolavori d’arte custoditi nelle chiese di Sortino.
Come da programma alle ore 16.30, il gruppo di turisti, con una puntualità di stampo inglese!, è stato introdotto alla visita della chiesa di San Sebastiano.
La prima delle cinque chiese costruite sul nuovo asse viario principale, della nuova Sortino ricostruita, dopo i terremoti del 1542 e del 1693,sul pianoro del Colle Aita, con il chiaro riferimento al tema urbanistico dell’impianto classico delle due strade principali intersecantisi ai quattro canti su una concezione cruciforme, e con un impianto sacro scenografico legato alle funzioni religiose ma di questo se ne potrebbe parlare in qualche altra occasione, relativamente alla concezione e all’uso dello spazio urbano.
Ritornando alla chiesa di San Sebastiano questa, ad una sola navata, è sopraelevata rispetto al piano di calpestio del Corso Umberto, vi sono cinque gradini di dislivello e attraverso una grande porta lignea, sulla quale sono scolpiti i simboli del martirio di san Sebastiano, si accede all’aula.
Il vano di accesso è delineato da due colonne, su plinti rettangolari alti, che reggono il timpano convesso sormontato dalla grande finestra centrale, delineata da due larghe volute con le statue della Fede e della Speranza, chiusa dal timpano triangolare sormontato dalla croce.
L’interno è riccamente decorato. Abbondano gli affreschi: la volta fu decorata dal Crestadoro che la dipinse nel 1779 i tre affreschi rappresentano scene della vita di San Sebastiano. Nel primo affresco l’imperatore che non si capacita della fede cristiana del suo fedele pretoriano; il grande affresco centrale, la scena è ambientata sullo spazio di una villa imperiale visibile il colonnato circolare raffigura il processo e la condanna di San Sebastiano, nel terzo affresco è raffigurato San Sebastiano accudito e curato da Santa Irene, la matrona romana, che lo cura dopo il primo martirio. San Sebastiano è detto bimartire perche fu martirizzato due volte la prima volta con le frecce, essendo un soldato della Coorte imperiale di nobile famiglia aveva diritto ad una morte ‘nobile’, la seconda volta fu invece flagellato e buttato nella cloaca maxima.
La Chiesa pur essendo piccola è riccamente affrescata e dove manca il disegno gli stucchi la ricoprono. Le lunette che sorreggono la volta a botte sono ricoperte di stucchi a rete.
L’effetto scenografico della volta è particolarmente reso leggero dalla serie di angeli a stucco ( sono 14) che reggono i simboli del Santo: LA faretra, LE frecce, GLI archi, stendardi scudo ecc.
La navata è illuminata da sei finestre laterali che si alternano con gli affreschi( realizzati questi nel 1881) che raffiguravano alcuni profeti .
Il catino dell’abside, suddiviso in tre spicchi è stato affrescato, invece, da Niccolò Sapia intorno al 1800. Volendo entrare nel merito pur senza averne titolo è da dire che questi affreschi sembrano il frutto di un primo approccio di un artista con la tecnica degli affreschi. Vi sono rappresentate delle scene bibliche Giacobbe e Sara che sacrificano l’agnello al posto di Isacco
(foto 83)
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, Caino che uccide Abele
(foto 84)
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. E quello di sinistra meno leggibile per l’usura del tempo.
(foto 82)
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L’aspetto iconografico di questa chiesa è particolarmente curato per quanto attiene la rappresentazione delle virtù cristiane.
Nell’abside della chiesa sono rappresentate la Giustizia con una statera in mano (a statia) ,
(foto 81)
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la Verità che si specchia, nella navata sopra gli archi degli altari laterali invece sono raffigurate la Pietà,il Martirio,la Costanza, la Castità, la Magnanimità e il desiderio del martirio.
Le pareti laterali sono delineate da quattro grandi archi due contengono solo delle pale d’altare a destra l’Angelo custode che indica ad un fanciullo la Trinità in alto. Una curiosità di questa tela in basso una maschera accanto ad un libro.
(foto 92)
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Di fronte è il quadro di Sant’Eligio, protettore degli orafi e dei fabbri, qui è raffigurato che riattacca il piede ad un cavallo.
(foto 91)
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Lo spazio della porta laterale, prospiciente la piazzetta che oggi è chiusa, custodisce la statua di San Sebastiano e la vara per la processione. Questa statua è stata rimossa dall’altare centrale.
Gli altri due grandi archi racchiudono i due altari laterali della Chiesa. Uno con il crocifisso su uno sfondo di intagli lignei ed alcune reliquie, ai piedi della croce è un quadro dell’Addolorata. Di fronte il quadro che raffigura la natività di Maria Vergine in braccio a S, Anna.
(foto 90)
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Le pareti della chiesa erano colorate di verde effetto marmo. Durante gli ultimi lavori di restauro, l’Architetto Nivea Buccheri ha ritenuto di recuperare gli aspetti filologici e ha restituito l’interno al colore bianco calce originario. Infatti, oggi solo quattro paraste degli archi di destra conservano una parte visibile dell’effetto marmo oggi rimosso.
Ai lati dell’altare maggiore sono appesi due quadri che colpiscono per la fattura completamente diversa rispetto alle grandi pale d’altare. Questi due quadri sono antecedenti alla costruzione della chiesa: uno rappresenta Sant’Orsola affiancata da uno stuolo di vergini tra queste si notano Santa Sofia, Santa Lucia e Sant’Agata.
(foto 78)
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L’altro quadro è un raro esempio di costruzione iconografica: una natività completa con Santa Sofia e San Sebastiano.
(foto 80)
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La grande pala che sovrasta l’altare ligneo è stato dipinto da Sofio Ferrera nel 1711 su commissione del Sacerdote Don Antonio Failla.
L’impianto dell’altare maggiore si presenta in una veste poco nota alla maggior parte dei fedeli, infatti la rimozione dell’apparato ligneo che conteneva la statua di San Sebastiano, per la scelta del restauro filologico, ha portato alla luce la grande pala d’altare di San Sebastiano che presenta una scena drammatica ricca di personaggi, nei chiaroscuri. Sulla scena domina il corpo statuario ben concepito nelle movenze del dolore del Martire, la luce promana dal suo corpo che è il punto centrale dell’impianto pittorico e viene messa in evidenza la disperazione dei cristiani, la rudezza e la violenza degli arcieri che mostrano il loro odio per il cristiano e sullo sfondo delle figure eteree simbolo della serenità che infonde il sacrificio per la fede.
(foto 85)
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Nella sagrestia è conservato un altro quadro del miracolo di Sant’Eligio. Si possono confrontare i due quadri nelle foto allegate per avere chiare le idee sulla datazione delle due opere d’arte.
La foggia degli abiti, la semplicità prospettica, i paramenti sacri lo datano più antico rispetto alla costruzione della chiesa, si può affermare con certezza che è una delle opere d’arte recuperate dopo il terremoto che distrusse Sortino.
(foto 88)
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Nella stessa chiesa c’è anche una bellissima acquasantiera.
(foto 108)
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Per questa giornata era stata programmata anche la visita alla chiesa del Monastero, ma dei motivi tecnici hanno limitato la visita alla facciata esterna della Chiesa barocca sormontata dalla torre campanaria. La facciata semplicissima nei decori, offre un effetto scenografico nella convessità centrale che promanando dai lati concavi la rendono movimentata su tutti i tre ordini in cui si suddivide.
Alzare un attimo il naso all’insù, godere della possente facciata, è una sensazione che si arricchisce di sorpresa e meraviglia. Infatti, il lavoro certosino di abili scalpellini e la e perizia di maestri intagliatori hanno saputo costruire un capolavoro d’arte rendendolo unico nel suo genere. La ricchezza di motivi floreali nelle trabeazioni e nei due timpani che la compongono sono un’esplosione di armonia che hanno modellato la fredda pietra alla sublimazione dell’occhio.
(foto 118 )
(foto 02)
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Per compensare la mancata visita all’interno, per motivi tecnici, prima di spostarci a San Francesco è stata attenzionata la facciata del Monastero.
Dopo i recenti restauri del 2008, sono state lasciate a faccia vista i resti lapidei di due finestre ottagonali che illuminavano l’antica Chiesa del Monastero.
(foto 01)
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La visita è stata l’occasione per la riscoperta dell’esterno della Chiesa di Santo Mauro, prospiciente la via Roma, di cui resta il portale del tardo 500, la finestra centrale, la trabeazione retta poggiante su due piedritti in pietra di intaglio ed Il frontone del portale, oggi murato, che è riccamente ornato con cinque “metope” scolpite ad alto rilievo con motivi floreali.
(foto 04).
(foto 04).
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Questa è stata una vera sorpresa per i partecipanti che alcuni sebbene nati in questa zona non avevano mai notato i particolari ‘murati’ della chiesa dedicata all’abate benedettino San Mauro da cui deriva il nome al quartiere dei “ maurini”.
All’interno del monastero è ancora conservata la pala d’altare di San Mauro.
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Per compensare la mancata visita all’interno della Chiesa, il gruppo dei turisti sortinesi alla scoperta del loro paese si è trasferito alla chiesa dell’Immacolata annessa al Convento di san Francesco.
La visita è stata possibile grazie alla disponibilità di Lucia Tuccitto Montalto.
La Chiesa come tutte le chiese dei minori conventuali è dedicata all’Immacolata. L’altare maggiore è dominato da una grande pala d’altare rettangolare che raffigura l’Immacolata nella gloria dei santi francescani dei rami maschili e femminili.
I due altari prima dell’abside godono del privilegio papale e della concessione delle indulgenze plenarie per il culto della Vergine immacolata, come evincesi dalle iscrizioni lapidee che li affiancano e che li eleva ad “Altari Privilegiati” per il culto dell’Immacolata. Il quadro di sinistra rappresenta la gloria dell’Immacolata, ed è impreziosito da alcuni gioielli a destra invece la concessione dell’indulgenza plenaria a San Francesco.
Dopo l’ingresso, un sontuoso altare in pietra, ricco di volute in pietre, racchiude una statua di Sant’Antonio da Padova e a destra la tela della crocifissione con l’inserto della croce lignea e della statua di Cristo in cartapesta. Vi è anche la statua dell’Immacolata in cartapesta.
L’altare maggiore è rivestito da alcuni preziosi paliotti d’altare, finemente ricamati con fili in oro ed in argento. Il corredo sacro di questa chiesa era particolarmente ricco in quanto era la chiesa dei Marchesi che qui avevano la loro sepoltura di famiglia.
Nella sagrestia è contenuto un enorme “casciarizzo” costruito nel 1787.
(foto 119)
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Abbiamo potuto ammirare, anche, un prezioso tavolo riccamente intarsiato in avorio e ossidiana. (foto 124 )
(foto 126)
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Uno dei quadri alle pareti della sagrestia raffigura il cuore di Maria, l’opera è firmata e datata da un frate conventuale “ Fr. Sarullo min. pinx. 1860”, una delle partecipanti al gruppo, Angela Pane Santo, lo ha definito di una bellezza “raffaelliana”: un volto che promana serenità e ispira fiducia.
(foto 120)
(foto 123)
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Il Convento è attualmente in restauro, il chiostro dalle linee rinascimentali è stato restituito alla sua originale bellezza.
Questo terzo incontro ha chiuso questo ciclo della ri-scoperta di Sortino e l’impegno assunto insieme al presidente del centro Diurno Anziani n’Zino Magnano, con la collaborazione del comitato di gestione ed il supporto dell’Amministrazione Comunale è quello di riprendere, nell’autunno di quest’anno, la visita alle chiese che non sono state considerate in questo giro.
Spero di essere stato utile alla rivisitazione dei luoghi della memoria a quanti leggeranno questi ‘appunti di viaggio’ sul blog dei “Sciurtinisi no munnu”. Francesco Raffa

ALCUNE FOTO DEI PARTECIPANTI: